Più o meno un anno fa mi è capitato di vedere una cosa che, in quel preciso momento della mia vita, è stato determinante per le mie scelte. Forse era sotto le vacanze natalizie, comunque ricordo che faceva freddo. Stavo tornando a casa con la macchina, quando all'improvviso vidi una coda di auto davanti a me. Piano piano, a passo d'uomo si procedeva. Arrivata ad un incrocio, ecco il motivo del rallentamento. In mezzo alla strada, sdraiata su un fianco, c'era una pecora. Era stata investita da una macchina, ma era tutta intera. Un uomo era uscito dalla sua auto e stava usando il telefonino per chiamare qualcuno. La pecora era lì sola. Le macchine le passavano accanto incuranti. I conducenti un po' scocciati per il rallentamento. Intorno a lei un vuoto totale. Stava morendo ed era sola. Ad una persona non avremmo destinato lo stesso trattamento. Le saremmo stati vicino. Un sottile filo di sangue rosso cremisi le usciva dalla bocca. E poi l'occhio. Vidi il suo occhio. Il suo sguardo. Sgranato. Spaventato. Puntato verso il cielo. E sentii un dolore terribile. Quella sofferenza piena di solitudine. Quella morte che non importava a nessuno. In quel momento tante cose mi si collegarono nella mente. Pensieri che mi ronzavano da tempo nella testa. E decisi che non avrei più mangiato carne, perchè in quel momento pensai a tutti quegli animali che ogni giorno avevano negli occhi quello stesso sguardo per colpa nostra. Da allora è iniziato un percorso non facile, prima per farlo accettare a familiari ed amici (forse più per far accettare a me stessa il fatto di doverlo giustificare). Un percorso pieno di dubbi, non tanto su me stessa, ma sul comportamento da tenere nei confronti di mia figlia, per non imporle una mia scelta, per non farle rischiare carenze vere o presunte, per mediare con le scelte del mio compagno, che idealmente è d'accordo con me, ma adotta un'alimentazione che ancora include carne, anche se poca e da agricoltura biologica. Lui teme che la privazione di questo alimento possa nuocere alla bambina e comunque ritiene che l'ideale sia limitarne il consumo il più possibile, mangiando però un po' di tutto.
E' un percorso che condiziona parecchio la vita e si entra in una spirale di pensieri da cui è difficile uscire. Perchè se è vero che una scelta del genere nasce dal desiderio di non far soffrire altri esseri viventi, nessuno può garantire che anche le piante non soffrano. Anzi, studi scientifici pare abbiano dimostrato il contrario, ovvero che le piante possano provare una sorta di emozioni. Come spesso mi dice il mio compagno quando sono afflitta da questi pensieri, il mio problema è che probabilmente non amo il modo in cui è concepito questo mondo, in cui, anche dietro la serenità del più meraviglioso ed idilliaco dei paesaggi, si nasconde sofferenza e lotta dura per la sopravvivenza.
Se la scelta vegana appare subito troppo estrema, leggendo ed approfondendo l'argomento, si comprendono molte delle ragioni di tale scelta, soprattutto per la triste sorte delle mucche da latte e delle galline ovaiole.
Casualmente, dopo un po' di mesi dall'inizio di questo cambiamento, una coppia di amici ha iniziato un percorso simile, diventando però presto praticamente vegana, piuttosto che vegetariana. Ho potuto così confrontarmi con loro su ricette ed alimenti sostitutivi. La dieta che ho dovuto seguire per un periodo mi ha portato a rimangiare il pesce, che avevo eliminato in precedenza. E ad oggi, mi ritrovo sempre combattuta su questo versante. Compro pesce pescato e non da allevamento, ma il problema non cambia. Inoltre ho sempre avuto problemi, prima ancora di questa scelta, proprio con i pesci, perchè ogni volta che entravo in pescheria e li vedevo sul bancone mi sentivo un po' angosciata dai loro sguardi liquidi che parevano scaturire ancora dalle profondità del mare, che ancora parevano conservare l'immagine di paesaggi sommersi a noi ignoti.
Il punto è che una volta che si fa il passo con la testa e con il cuore, poi non si riesce a tornare indietro. Se prima guardavo le mucche su un prato e pensavo: "Beh, tutto sommato fanno una bella vita, stanno all'aperto e in pace" (almeno per quelle che stanno qui nei dintorni), adesso quando le vedo, penso sempre che non sanno cosa le aspetta e che non trovo giusto riservare loro una fine così brutta.
Ho scoperto che il latte si può sostituire benissimo con quello di avena, soia, riso. Che burro e uova non sono così indispensabili nei biscotti e nelle torte. Che gli yogurt di soia sostituiscono bene quelli normali. Che il seitan è ottimo per preparare il ragù vegetale, cotolette, spezzatini, ecc. Idem la soia o il tofu (che poi è sempre soia). Ancora fatico ad abbandonare i formaggi, che sono sempre stati un mio grande amore, ma ci sto lavorando sopra. Sono sempre piena di dubbi su mia figlia. All'asilo non ho scelto per lei un menu differenziato, perchè volevo evitare problemi. Mi dico ogni volta che sceglierà lei come vorrà quando sarà cresciuta e che noi le insegneremo e spiegheremo come stanno le cose, per darle la possibilità di decidere da sola senza angosciarla. Ma non c'è una posizione che mi convinca completamente.
Il mio cammino è ancora in via di perfezionamento. Contrariamente agli amici di cui sopra, che hanno letto molto sull'argomento e visto filmati anche angoscianti sul web sul trattamento degli animali negli allevamenti, io non sono riuscita a leggere e vedere quasi niente. Non ne ho sentito la necessità ed ho voluto anche evitare a me stessa di starci troppo male. La bibliografia sull'argomento è ricca ed i personaggi famosi che hanno abbracciato questa scelta sono molti. Chi vuole può farsi una cultura sull'argomento. Da "
Se niente importa. Perchè mangiamo gli animali?" di Jonathan Safran Foer a "
Perchè sono vegetariana" di Margherita Hack, fino a "
Il maiale che cantava alla luna. La vita emotiva degli animali da fattoria" di Jeffrey Moussaieff Masson e così via.
Sono incredibili le incongruenze presenti soprattutto nei libri per bambini (vedi soprattutto quelli incentrati proprio sulla allegra fattoria), ma in generale un po' dappertutto (ricordo ad esempio lo slogan su un sacchetto di un noto fast food: "Fiero di essere un vero pollo!"). Ci si rende conto che esistono animali di serie A ed animali di serie B. Animali che teniamo in casa e per cui saremmo disposti a rinunciare a tante cose ed animali che facciamo nascere e vivere solo per essere uccisi e consumati.
Ho intrapreso un percorso pieno di contraddizioni, errori, aggiustamenti, senza la volontà di fare la morale a nessuno, forse solo a me stessa, tendendo in una direzione.
Da tanto ne volevo parlare, ma è un argomento su cui fatico ad esternare la mia posizione, perchè la nostra vita è così impregnata da un certo modo di vedere le cose, che una posizione differente può apparire strana, estremista, troppo eccentrica, non equilibrata. Io non so se ciò sia vero o meno, ma so che ormai non posso fare a meno di seguire questa strada, cercando sempre equilibrio e tentando di limitare i danni, qualunque essi siano, cercando di non essere mai essere estrema e adattandomi alle situazioni. Non mi sarei mai aspettata da me una tale scelta, ma, a ben pensarci, ce l'avevo scritta dentro, dal momento che fin da piccola mi ritrovavo a salvare anche formiche ed insetti, pipistrelli e vermi. In famiglia non siamo mai stati dei gran mangiatori di carne. I miei genitori venivano da famiglie di contadini. Mio padre pascolava le mucche da bambino e di certo gli allevamenti all'epoca non erano quelli intensivi di oggi. Mio nonno materno non riusciva ad uccidere i maiali e le galline perchè aveva dato loro un nome e ci si era affezionato. Ho sempre visto mio nonno un po' come un San Francesco, che nell'orto riempiva i fusti dell'acqua fino all'orlo per far sì che gli uccellini avessero sempre da bere.Tutta la mia famiglia ha sempre amato molto gli animali. Forse non poteva che finire così per me.
Sarebbero tantissime le cose da dire e vorrei tornarne a parlare, perchè i motivi di una tale scelta sono vasti ed abbracciano vari versanti ed ordini di idee e le riflessioni che ne scaturiscono sono moltissime. Non ultime quelle che riguardano lo sviluppo e la storia del genere umano, che è stato strettamente connesso allo sfruttamento degli altri esseri viventi. Cosa saremmo diventati se avessimo fin dall'inizio vissuto in modo diverso? Ci saremmo già estinti? Che mondo ci sarebbe oggi?
Per il momento mi limito a concludere con una frase di un sopravvissuto di Hiroshima con cui Elsa Morante aveva voluto aprire la quarta di copertina del suo "
La Storia" (come riportato nel testo "
I migliori anni della nostra vita di Ernesto Ferrero, di cui ho parlato
qui):
"
Non c'è parola, in nessun linguaggio umano, capace di consolare le cavie che non sanno il perchè della loro morte".
Ecco, io credo che questa frase parli da sé ed abbia un valore non solo per il mondo umano, ma a livello universale.
Nota: la foto della pecora è presa da
qui.