L'altro giorno ho terminato la piacevolissima lettura di "Mansfield Park" di Jane Austen, apprezzandone, come di consueto con le sue opere, la scorrevolezza, l'acume, il dipanarsi perfetto della storia, simile al cadere dei pezzi del domino messi in fila. Jane Austen mi trasmette serenità, riempie la mia mente di un tempo e di un luogo che non esistono più e le sue opere si accordano armoniosamente al silenzio dell'inverno che invade la campagna fuori dalla mia finestra. Di lei mi colpisce sempre la modernità disarmante di certe frasi e situazioni, come pure di certi tipi umani che, nonostante il trascorrere dei secoli, sembrano essere sempre lì, annidati nel solco delle nostre esistenze. In questo romanzo vi è un'eroina protagonista, ma non emerge sugli altri, perchè la storia è corale, è un continuo entrare ed uscire di scena di vari personaggi, simile allo svolgersi di una piéce teatrale (il teatro è un tema presente anche all'interno della vicenda). Ed inizialmente non ho simpatizzato molto con questo personaggio: Fanny, così umile, ritirata, sempre pronta ad esaudire i desideri altrui, dimentica di se stessa, quasi dovesse scusarsi di esistere. Pur ritrovandovi qualche tratto della mia accondiscendenza verso il prossimo, più volte avrei voluto spronarla a reagire, a comportarsi in maniera diversa, ad essere portatrice di diversi valori e comportamenti. Una sensazione che in qualche modo mi aveva già accompagnato quando avevo letto "La Storia" di Elsa Morante (un libro che ho molto amato) e mi arrabbiavo ciecamente con Ida, per il suo fluire negli eventi senza riuscire a porre mai resistenza, senza affermarsi mai come individuo, con la sua volontà. Ma questa è, appunto, un'altra storia...
Tornando a "Mansfield Park", quanta cinica "modernità" in questa frase:
"...Una giovane, se fidanzata, è sempre più attraente di una che non lo è. E' soddisfatta di sé. Non ha più preoccupazioni per l'avvenire, sa di poter esercitare tutte le sue seduzioni senza destare sospetti. Con una donna già impegnata non si corrono rischi; non si causano danni."
O in questa (oggi da applicarsi al cinema?):
"Fortunatamente per lui l'amore del teatro è così generalizzato, e la smania di recitare è così forte nella gioventù, che le sue chicchiere non riuscivano ad attenuare l'interesse degli ascoltatori."
La Austen profonde qua e là la sua caustica ironia e guarda ai suoi personaggi con occhio tagliente e senza troppa indulgenza, mettendone in luce le ombre nascoste in un modo eccelso. Mi hanno fatto sorridere più di una volta le parole di Lady Bertram, capaci di rivelarne tutta la stupida indolenza, o quelle di Mrs Norris, tutte un affaccendarsi inutile, petulante, rivelatore di meschini interessi personali.
La mia riconciliazione con Fanny è avvenuta nella descrizione della stanza ad est, della sua "stanza tutta per sé", nelle sue emozioni di adolescente assennata, ma pur sempre adolescente, dopo il ballo, e, soprattutto, nel suo modo di essere in sintonia con la natura, che me l'ha resa così vicina per affinità di sentire, e nel suo riflettere sul potere meraviglioso della memoria.
"- Ecco la quiete, - disse. - Ecco l'armonia! Ecco qualcosa che vince qualsiasi dipinto, qualsiasi musica e che la sola poesia può tentar di descrivere. Qualcosa che potrebbe calmare qualsiasi angoscia, elevare il cuore fino al rapimento! Quando contemplo lo spettacolo di una notte come questa, mi sembra che non possano esserci né dolore, né malvagità sulla terra: e certamente ve ne sarebbe molto meno se si prestaase maggior attenzione alla sublimità della natura e se l'uomo contemplando una scena tale fosse indotto più spesso ad uscire da se stesso. -
- Mi piace ascoltare le tue entusiastiche espansioni Fanny; è una bellissima notte, e sono assai da compiangere quelli che non hanno imparato a sentire come fai tu, che non hanno appreso fin dalla fanciullezza a gustare le gioie che ci vengono dagli spettacoli naturali. Perdono molto, moltissimo. -"
Infine un sorriso di complicità nei confronti di questa eroina, quando ho letto questa frase:
"... ma la ricchezza rende audaci e ricerca il lusso, e una parte della sua trovò la via di una biblioteca circolante."
"Masfield Park" entra quindi a far parte dei classici che da un po' di anni a questa parte, mi ritrovo, probabilmente proprio a causa dell'intima natura dell'inverno, a leggere nel passaggio tra un anno e l'altro, così come è stato, per esempio, con gli amatissimi "I Buddenbrook" e "La montagna incantata" di Thomas Mann e con gli altri libri della Austen. I classici richiamano l'inverno, sanno di coperte calde e tazze fumanti, di cielo grigio e foglie cadute, di una neve che quest'anno si fa attendere.
2 commenti:
Ciao Tamara, non so se oggi guarderai la posta...ma tra poco su Iris trasmettono il film Mansfield Park. Io non l'ho mai visto, non sarà di sicuro all'altezza del libro ma se sei una nottambula...! Per me è troppo tardi, crollo già dal sonno! Sogni d'oro, Valentina
Grazie mille Valentina!! Purtroppo non ho avuto modo di vederlo. Che peccato!!! A presto!!
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