mercoledì 29 agosto 2012

Worry Dolls

In questi giorni il mio umore continua a fare le bizze e ronza come un'ape impazzita, sbattendo di qua e di là... Dopo la settimana dai miei non mi sono riuscita più ad attivare come avrei voluto (e come avevo pensato di essermi sufficientemente programmata) ed in queste giornate mi dibatto tra lo studio e le cose da fare ritrovandomi raramente soddisfatta del bilancio a fine giornata.
Lunedì sono riuscita a fare la mia prima sortita volante da NaturaSì e mi sono imbattuta, accanto alla cassa, in una vaschetta di ovetti di cioccolata con sorpresa equosolidali. Mi è piaciuta subito l'idea. Mi sono immaginata con la mia bimba fra qualche anno, mentre lo scarta e trova una sorpresa diversa, fatta a mano, non le solite cosette di plastica degli ovetti Kinder eho pensato che nel frattempo potevo scartarlo io. Ne ho scelto uno e l'ho aperto solo alla sera. Il cioccolato era purtroppo vecchio e ricoperto di una triste patina biancastra. Ho aperto la sorpresa, quella piccola capsula semitrasparente. Dentro una piccola figuretta colorata. Ammetto di averla guardata con perplessità. Le altre sorprese raffigurate nell'espositore mi erano apparse migliori, ovviamente. L'ho presa in mano e poi ho letto il foglietto che l'accompagnava. Ecco cosa c'era scritto:
'C'è una leggenda in Guatemala: quando le persone di origine Maya hanno delle preoccupazioni, le raccontano alle "bamboline scomparipaura (la traduzione che hanno fatto lascia un po' a desiderare...) che vengono poi messe sotto il cuscino prima di dormire. Al momento del risveglio al mattino le "bamboline scomparipaura" hanno fatto fuggire ogni timore. Se hai qualche preoccupazione confidala alle "bamboline scomparipaura" e loro ti aiuteranno!'
Mio fratello avrebbe detto che era una celestinata (da La profezia di Celestino di James Redfield), una coincidenza che non è una coincidenza. Anche se non ha senso, sembra proprio che la bambolina sia perfetta per questo mio momento, in cui sono di nuovo piena di incertezza e di piccole stupide preoccupazioni. Adesso è sotto il mio cuscino. Magari sarà una cosa ridicola, ma mi piace pensare che questa bambolina venuta da lontano possa raccogliere i miei pensieri, cullarli, dissolverli, come solo le bambole sanno fare con i crucci dei bambini.
Cercando su internet, mi ha colpito scoprire che le Worry Dolls sono usate anche in alcuni centri medici che curano bambini malati o nelle scuole per i bambini che hanno problemi di apprendimento e di comportamento. Tutto questo, se penso al mio futuro come insegnante di sostegno, mi appare come un segno che è arrivato al momento giusto (ed uno spunto da usare nel mio lavoro).
La mia Worry Doll riposa sotto il mio cuscino...
PS: Cercando qualcosa a proposito delle Worry Dolls, ho trovato un libro per bambini molto interessante, che ho già messo nella mia lista dei desideri: A Kid's Guide to Latino History: More than 50 Activities di Valerie Petrillo, un testo che propone varie attività, giochi e lavoretti manuali da fare con materiali di recupero per conoscere la cultura e la storia dei paesi del Sud America. Qui il link a Google libri per vederne un estratto. Tra le attività rientra anche quella dedicata alla creazione, semplicissima, delle Worry Dolls.

sabato 25 agosto 2012

Mille splendide liste

Da quando sono tornata dopo la settimana intensa trascorsa dai miei genitori, ho ripreso in mano e aggiornato le liste delle cose da fare. La lista... la lista è una specie di croce e delizia dei miei giorni da un po' di mesi a questa parte. Un tempo non le amavo molto. Mio fratello viveva - e vive - circondato da post-it gialli in cui annota le cose che si deve ricordare ed io, quando ancora abitavamo sotto lo stesso tetto, lo trovavo spesso inutile. Mi sembrava assurdo scriversi anche cose che si potevano benissimo ricordare senza l'aiuto di un foglietto. Poi c'è stata - e c'è - una delle mie cognate, che reputo ufficialmente essere la regina delle liste. Lei redige lunghe liste delle cose da fare, comprare, amici da invitare a pranzi e cene, e le depenna con grande soddisfazione. Ogni tanto la prendevo in giro per questo e pure lei ironizzava sulla cosa.
Nel frattempo la lista ha iniziato ad insinuarsi pure in me, un po' in sordina all'inizio, poi prepotentemente. Le mie annotazioni sono molto più simili a quelle di mia cognata che a quelle di mio fratello. Io non annoto per ricordare - perchè di solito ho una buona memoria -, ma per fare ordine nel caos della mia testa e per depennare - anche se piuttosto raramente o non tanto spesso quanto vorrei - le cose fatte.
Così mi ritrovo tra le mani queste liste, una, due, tre, o più. Vecchie e nuove, perchè dopo un po' che non si depenna, è bene rifare la lista per aggiornare i propositi e cercare di eliminare qualcosa.
Mi segno le cose da fare e, soprattutto, quelle che vorrei fare, le parti da studiare per ogni giornata e poi cerco di suddividermele nei vari giorni. Il più delle volte i piani vanno a monte, ma ormai non me la prendo più molto.
Ho cercato un po' su internet a proposito della mania delle liste e pare che, tutto sommato, sia una mania abbastanza positiva, che aiuta ad organizzarsi, a fare chiarezza, a liberare dai sensi di colpa e a gratificarsi quando si riesce a depennare qualcosa, infine, modalità di espressione della propria creatività. Da usare con cautela, quindi, ma con dei benefici.
In realtà, a ben vedere, già in passato le liste si erano impossessate di me. Da adolescente, per un po' di tempo, ho tenuto una lista delle cose per cui valeva la pena vivere, per ricordare tutte le cose belle che davano senso alla mia esistenza e, per fortuna, era una lista molto lunga, che si aggiornava e si arricchiva spesso. Inoltre - e di questa vado particolarmente orgogliosa - fin da ragazzina ho tenuto una lista dei libri che ho letto su un piccolo diario, suddividendolo in anni solo di recente (ahimé), che ogni tanto risfoglio alla ricerca di volumi amati e di quelli dimenticati.
Ho scoperto anche che esistono  dei libri dedicati a questa "arte" (e che adesso ovviamente sono curiosa di leggere):
- Portare a compimento le cose di Roy Baumeister * per fare una lista perfetta...
- L'arte delle liste di Dominique Loreau (Vallardi Editore) * guida pratica ed invito ad eliminare il superfluo dalla vita ed a concentrarsi su ciò che conta davvero, ispirata alle discipline orientali
- Vertigine della lista di Umberto Eco (Bompiani) * affronta la questione dal punto di vista letterario, quindi gli elenchi presenti nei libri, argomento di sicuro interesse
Come non ricordare poi le lunghe liste di Saviano e Fazio a Vieni via con me? Qui si trova un articolo de Il Sole24ore sulle liste, la poetessa Szymborska, Saviano, Carver, Eco...
Mi sa che devo andare ad aggiornare le mie liste...

venerdì 24 agosto 2012

Fuga prima dell'alba e Forte movimento

Fuga prima dell'alba di Maryam Ansary e Forte movimento di Jonathan Franzen: le mie due ultime letture. Due libri molto diversi, accomunati forse solo dalla presenza in entrambi di una personalità femminile ed in parte dalla lotta per la giustizia.
 Fuga prima dell'alba è la storia vera di Maryam Ansary, ambientata in Iran tra il 1983 ed il 1989. Quattro anni dopo la rivolta contro lo Scià, in Iran vi è una caccia spietata a coloro che si oppongono alla repubblica islamica khomeinista. Maryam è una militante dell'opposizione e da un giorno all'altro è costretta a fuggire dalla sua amata città, Teheran, e ad abbandonare la sua famiglia, gli amici, tutto quello che è stata la sua vita fino a quel momento, senza sapere quando e se vi potrà far ritorno, per rifugiarsi nelle montagne del Kurdistan. Il libro racconta questi sei lunghi anni, durante i quali Maryam ed i suoi compagni vivranno di privazioni e sacrifici, spesso ai limiti dell'indigenza, animati dalla speranza in un futuro migliore. Ciò che più mi è piaciuto di questo libro è la sua chiarezza, il suo raccontare senza edulcorare niente quello che sono stati quegli anni, mettendo a nudo anche le contraddizioni ed i contrasti - anche molto feroci - all'interno dell'opposizione ed in particolare del gruppo di persone che si trovano forzatamente a dover condividere tutto. Maryam racconta quello che accade e ciò che prova con sincerità, non nascondendo neppure i suoi dubbi, i suoi momenti di rabbia e sconforto, la nostalgia per i piccoli piaceri borghesi della sua vita passata. il suo è uno sguardo lucido ed al tempo stesso appassionato, che ci dice quanta forza e coraggio possono infondere gli ideali. Le sue parole si soffermano di tanto in tanto a descrivere il paesaggio e la gente che vive tra quelle montagne e ci restituiscono un mondo lontano, duro, fatto di contrasti, ma anche affascinante, pieno talvolta di colori e vita dove non si aspetterebbe di trovarli. Ho trovato questo libro appassionante, forse perchè mi ha riportato alla memoria le storie sulla Resistenza italiana e in generale le testimonianze di chi ha avuto il coraggio di sacrificare tutto per i propri ideali e per un mondo migliore che mi hanno affascinata fin da bambina. (Dimenticavo: il libro mi è capitato fra le mani per puro caso, dal momento che mi è stato regalato con un acquisto fatto su internet di alcuni libri delle Edizioni Il Punto d'Incontro).
Forte movimento, invece, che ho letto prima, è un romanzo di Franzen, forse più conosciuto per Le correzioni e Libertà, soprattutto dopo la sua apparizione a Che tempo che fa di Fazio (come mi disse con sorriso ironico la libraia di una libreria che bazzico ogni tanto perchè ricca di libri interessanti, ma le cui proprietarie non suscitano in me grande simpatia...), che, alla fin fine, non mi ha convinto completamente, come già avevo accennato qui, mentre ancora lo stavo leggendo. La storia è ambientata a Boston e dintorni negli anni '80 e racconta una tormentata vicenda amorosa tra un giovane ventitreenne ed una sismologa trentenne, che si ritrovano per caso uniti insieme nel momento in cui una serie di terremoti colpisce la città. La coppia scoprirà che i terremoti sono scatenati dallo smaltimento dei rifiuti tossici di una pericolosa industria chimica (non ho svelato il finale... questo lo si trova scritto pure sulla quarta di copertina ...). Durante la lettura i miei sentimenti hanno continuato a rimanere altalenanti. Ogni tanto moti di entusiasmo, seguiti ad altri di noia e quasi irritazione. I personaggi, esponenti di una nevrotica e malata borghesia, spesso mi sono sembrati tratteggiati in maniera irrealistica nei loro pensieri ed atteggiamenti. Le relazioni tra essi, a loro volta, mi sono apparse spesso descritte in maniera forzata, quasi che tutti i rapporti umani dovessero avere un qualcosa di morboso e falso. Certo, questo è un romanzo che critica la società borghese americana e che lancia una denuncia per i disastri ecologici provocati dallo sfrenato desiderio di arricchimento e, pertanto, forse è questo il modo in cui tali personaggi e relazioni andavano tratteggiate. Il messaggio è chiaro e alla fine si intravede una luce, una possibilità.
Alcune cose, invece, mi sono piaciute incredibilmente. Le descrizioni di alcuni paesaggi natural-industriali di una Boston dopo il tramonto, in cui gli odori della natura, che ancora sopravvivono, si mescolano indissolubilmente a quelli artificiali, o alcuni passi come quello sull'intelligenza artificiale che sfocia in una riflessione sul perchè la nostra vita è organizzata come se gli uomini fossero solo macchine per produrre e consumare oggetti (il tema mi è caro) o quello in cui descrive il punto di vista di un procione che si aggira solitario e guardingo nel nostro mondo alla ricerca di cibo..
Ecco, in sostanza non so dire neppure io se mi è piaciuto o no, ma forse la cosa più importante è che non mi abbia lasciata indifferente ...
Con questo post partecipo al Venerdì del Libro.

lunedì 20 agosto 2012

My hometown

Da pochi giorni sono tornata da un soggiorno con la mia piccola nella casa dei miei genitori. Per la prima volta mia figlia ha preso l'areo ed è stata una settimana senza il papà. Tornare nel paese (in Piemonte, al confine con la Liguria) in cui sono nata e cresciuta (sebbene le mie origini siano emiliane), mi suscita sempre senzazioni contrastanti. In verità non mi ci sono mai trovata molto bene a livello di stile di vita e di persone, però è qui che ho trascorso l'infanzia e i luoghi sono impregnati di ricordi e carichi di suggestioni. Per di più nelle montagne e nei boschi non lontani dal paese ho trascorso le prime vacanze con il mio compagno vari anni fa. Questi luoghi ed i loro dintorni sono quindi entrati a far parte della mia mitologia personale - credo che ognuno di noi abbia una serie di miti in cui si perde il ricordo dell'infanzia e dell'adolescenza - ed è inevitabile che ogni ritorno porti alla luce tesori sommersi di sensazioni.
Purtroppo non ho avuto modo di girare molto, perchè mia mamma è reduce da un'operazione al ginocchio e la mia presenza era più preziosa a casa, piuttosto che in giro per le colline.
Con l'occasione, però, ho potuto ridare uno sguardo alle librerie di mio padre, dove sono accatastati tantissimi libri sulla Resistenza. Mio padre, fin da piccola, sempre con il suo fare un po' brusco e taciturno, mi portava in giro per commemorazioni, tra boschi e montagne dell'Appenino ligure (a cavallo tra Liguria, Piemonte ed Emilia) ed io sbirciavo tra quei libri assorbendo nella mia mente storie e valori, che fanno oggi parte di quella mitologia personale di cui parlavo poco sopra. In questi giorni, quindi, di notte, mentre la mia bambina dormiva, io mi perdevo tra le pagine di quei libri, scrutando visi di foto in bianco e nero e osservando mappe di quelle montagne, ricercando sentieri, paesi, nomi conosciuti. Me ne sono tornata a casa con due libri sulla Resistenza che mio padre, senza rendersene conto, aveva comprato due volte. Gli ho chiesto se potevo prenderli e lui, sempre con lo sguardo sfuggente e con pochissime parole, mi ha detto di sì. Però ho visto sul suo volto un mezzo sorriso, appena accennato, uno dei suoi tipici sorrisi, di quelli che sembra non voler far vedere. Credo fosse a suo modo felice, come se quella mia richiesta fosse una sorta di frutto succoso della pianta che ha seminato tanti anni fa.