mercoledì 15 maggio 2013

Strange days

Oggi mi sembrerebbe di vivere un giorno d'autunno, se non fosse che dalla finestra posso vedere il pittosforo ed il caprifoglio stellati di fiori. Il cielo è un tumulto di nuvole che promettono pioggia ed il salice è scosso da un vento freddo ed ostinato. Allora mi fermo a pensare a quest'ultimo periodo. Sono stati strani giorni questi, in cui agli impegni si sono alternati momenti in cui mi sono divertita a giocare, a fare cose che non facevo da un po' di tempo ed a concedermi più tempo ed indulgenza. Se ogni tanto ci si ferma e ci si ricarica, poi tutto va meglio. La foto qui sopra (che amo moltissimo senza comprenderne bene il motivo) rappresenta per me questi giorni, belli, delicati, incantati, come un petalo di violetta staccato dal vento.


Mi sono ritrovata, quindi, a fare la piccola naturalista in giardino, indugiando a fotografare il popolo che lo abita ed a stupirmi degli incontri che vi si possono fare. Ho quindi immortalato farfalle, coleotteri, grilli, rose, violette e la luce del mattino sulle peonie, i primi fiori sbocciati su questa pianta donatami tre anni fa.
Un paio di mattine fa, come per un'improvvisa rivelazione, ho notato che le mie talee di Saintpaulia stavano radicando: le foglie apparivano finalmente di nuovo erette e vitali. Nel mio frigorifero proseguiva intanto il riposo pieno di attesa dei miei semi di lavanda che sto facendo stratificare (chissà se riuscirò a farli germinare prima o poi?).
Mi sono sentita un po' a metà strada tra Gerald Durrell (il mio amato Durrell de "La mia famiglia e altri animali"), Calpurnia del libro "L'evoluzione di Calpurnia" di Jacqueline Kelly (dalla deliziosa copertina che mi aveva subito attratta) e la protagonista di "L'evoluzione di Jane" di Cathleen Schine (che sto leggendo adesso). Libri, libri, libri. Le perle colorate del filo della mia vita.
Ho giocato anche, proprio con uno dei  libri per bambini di cui ho parlato qualche giorno fa e che ho comprato per me ("Animali del mondo" di Géraldine Cosneau). Devo ammettere che non è stato facile abbandonarne l'estatica contemplazione e decidermi infine a staccare ed attaccare  i teneri adesivi.
Ho fatto lunghe passeggiate tra le case qui attorno con mia figlia sulla sua bicicletta (in realtà è un triciclo regalatole per il compleanno, di cui avevo accennato nelle mie riflessioni sul fatto di avere una figlia al giorno d'oggi in questo post), sbirciando tra i giardini fioriti degli altri ed immaginandone le vite.
Ho ascoltato di notte i canti degli usignoli che già ad aprile hanno popolato la notte, rompendo l'infinito e profondo silenzio dell'inverno, trasformando il buio al di là della mia finestra in un mondo più vasto, profondo, pieno di rivelazioni in attesa di mostrarsi.
Ho riprovato il delizioso ed onnipotente piacere dello scrivere, di storie e vite che si animano partendo da un dettaglio colto quasi per caso, per poi seguire una strada tutta loro (il tormento della scrittura sembra non morire mai).
Soprattutto per quest'ultima cosa ed in generale per lo spirito fanciullesco cui mi abbandono ultimamente, devo un ringraziamento a Grazia, perchè mi ha permesso di conoscere un libro, "La via dell'artista" di Julia Cameron, cui mi sono avvicinata con un po' di scetticismo, ma sul quale mi sono dovuta ricredere (qui trovate i preziosi post che Grazia ha dedicato all'argomento, cui prima o poi dedicherò anch'io qualche riflessione in più).
Strani giorni ...

venerdì 10 maggio 2013

Una storia fuori stagione

Qualche giorno fa mi sono concessa un paio d'ore per andare alla ricerca di un paio di pantaloni nuovi (incredibilmente - e con soddisfazione - ormai quelli che avevo prima della gravidanza mi stanno larghi) e ne sono tornata con un libro. A dirla tutta, dopo pochi minuti dall'inizio della mia ricerca mi sono ritrovata a guardare vestiti e libri per bambini, constatando che la deformazione professionale da mamma in carriera aveva preso il sopravvento.
Ho scovato quindi un libro che mi ha colpito per i colori, il tratto dei disegni e perché ho avuto subito la sensazione che, pur essendo un libro per bambini (consigliato dai 4 anni), si trattava di un libro anche per grandi, in qualche modo. Aveva il ridicolo prezzo di 3 euro, una specie di Remainder's, e, sebbene il titolo non fosse proprio nelle mie corde, l'ho acquistato.
Si tratta di "Due sciarpe, un amore" di Daniela Bunge, Nord-Sud Edizioni. Come dicevo, il titolo non mi ispirava molto, ma le illustrazioni avevano qualcosa che mi attirava. Si tratta della storia di due nonni che, dopo tanti anni insieme, decidono di lasciarsi e di andare a vivere ognuno per conto suo, perchè le differenze tra loro sembrano ormai essere grandi ed insopportabili. Al nonno piacciono il rosso, le piante, la montagna. Alla nonna il blu, il budino, il mare. Il nipotino si ritrova quindi a frequentare ora l'uno ora l'altro separatamente ed a notare quanto entrambi inizino a sentire la mancanza l'uno dell'altra e come le loro vite, che finalmente possono essere vissute nel modo che preferiscono, comincino a sembrare tremendamente vuote. Il nipotino escogiterà quindi uno stratagemma per riunirli, mentre la neve scende lenta ed il freddo ghiaccia ogni cosa.
Ho sentito un'infinita tenerezza nei confronti di questi personaggi, così fragili, così normali, con le loro rughe e le loro debolezze. E' bella la riflessione sulle diversità, che sono preziose e che uniscono, ma più di ogni altra cosa mi è piaciuta una delle illustrazioni finali, che raffigura la nonna seduta sulle gambe del nonno ed i loro visi che si guardano con occhi persi e innamorati, ancora una volta. Questo mostrare l'amore in un'altra età, che non è l'adolescenza, che non è la giovinezza e nemmeno l'età adulta, mi è sembrato importante, perchè spesso (specialmente in quest'epoca in cui ogni cosa sembra dover essere sempre nuova e tutti sembrano dover essere sempre giovani) ci si dimentica che ciò fa parte della vita e che è un qualcosa che non finisce e non sopisce solo perchè gli anni passano. Ho pensato che mi piacerebbe un giorno avere dei nipoti che possano vedere negli occhi dei loro nonni uno sguardo così.
Con questo post partecipo al Venerdì del Libro.
A proposito di anni che passano...oggi è il compleanno di mio padre. Auguri papà! Questo post lo dedico a te, con tanto affetto.

venerdì 3 maggio 2013

Regali per bambini, ma anche per me

Mi sono resa conto oggi che è quasi un mese che latito dal blog, presa dal sole, dai fiori, dai malanni che imperversano qui a casa e da un po' di tempo che ho deciso di dedicare ad altro.
Sto coccolando un po' la bambina che sono stata e che torna a guardarmi dallo specchio con aria birichina, quando sono sola in bagno e mi trucco o dopo aver lavato i denti, per dirmi che è sempre lì, anche se non sembra. Per farle capire che mi ricordo ancora di lei e che ha tutte le ragioni per essere ogni tanto presa in considerazione, ieri ho deciso di farle qualche regalo. Mi sono concessa un po' di tempo in libreria e ne sono uscita con due libri (che avevo già preso anche per mia figlia e che conservo nell'armadio in attesa che abbia l'età giusta e che ho anche regalato alla figlia di una cara amica).
Si tratta di "Popoli del mondo" e "Animali del mondo" di Géraldine Cosneau (Editoriale Scienza), che racchiudono ciascuno 8 grandi scenari e 400 adesivi riposizionabili semplicemente splendidi. Il primo è composto da villaggi di Perù, Caraibi, Norvegia, Grecia, Burkina Faso, Turchia, Mongolia e Nuova Guinea, il secondo da alcuni ambienti naturali: la savana, il deserto, la campagna, la foresta, la giungla, il mare tropicale, il bush australiano e i poli. Dietro ogni scenario ci sono anche tre figure che si possono colorare. Gli scenari si possono poi staccare ed utilizzare come poster.
E' adatto dai 3-4 anni fino ai 100 e oltre.
Li ho trovati irresistibili da subito e quando ho deciso di prenderli anche per me, mi sono veramente sentita come una bambina il giorno della fiera. Ora devo solo trovare un paio d'ore in cui la mia bimba non c'è e divertirmi a tornare indietro nel tempo giocando senza pensieri, abbandonandomi al sottile piacere di attaccare e staccare gli adesivi animando i paesaggi coloratissimi di questi libri e sognando avventure in giro per il mondo.
Con questo post partecipo al Venerdì del Libro.

lunedì 8 aprile 2013

Tre cose belle prima di andare a dormire

Questa sera sono andata a sbirciare il sito di Internazionale per rilassarmi un po' dopo cena. Vi ho trovato tre cose belle, che hanno dato a questa serata un volto quieto e sognante e che voglio ricordare.
In questo pagina (dove si trova anche un video) si parla di Holi, la festa indù dei colori che festeggia il ritorno della primavera, durante la quale la gente per strada balla, ride, si abbraccia e soprattutto si spruzza a vicenda di acqua mescolata a pigmenti colorati. Mi è piaciuta molto l'idea di questa festa, una sorta di Carnevale indiano così pieno di vita. (Ho trovato la foto qui).
Qui, invece, un curioso e simpatico dietro le quinte del film "Mary Poppins", che da piccola amavo molto, soprattutto per la scena in cui i protagonisti saltano dentro i disegni realizzati sul marciapiede ed entrano in un "altro mondo".  Era una cosa che mi faceva impazzire e che speravo mi capitasse. Inoltre i "Dietro le quinte" sono sempre belli da vedere e mi trasmettono una strana nostalgia allegra.
Infine, qui, le "Darkened cities", un progetto del fotografo francese Thierry Cohen, in cui grandi metropoli del mondo sono state fotografate come se non vi fosse l'inquinamento luminoso e si potessero vedere nitidamente le stelle. L'effetto è strepitoso e riempirsi gli occhi di quei cieli così stellati, che sovrastano città che appaiono silenziose ed addormentate, è splendido prima di andare a dormire e fa sperare in qualche magnifico sogno, dove si mescolino i colori dell'india, la magia di Mary Poppins e la notte piena di stelle.
Buona notte e sogni d'oro...

venerdì 5 aprile 2013

Viaggi ai confini del mondo

Qualche giorno fa, precisamente il 2 aprile, mi è capitato di rimanere affascinata dal Google Doodle del giorno ed ho così scoperto che era dedicato al 366° compleanno di Anna Maria Sybilla Merian, una naturalista e pittrice tedesca vissuta tra il XVII ed il XVIII secolo. Ho cercato quindi in rete qualche notizia in più su di lei, venendo a sapere che questa donna ha dedicato la sua vita allo studio ed alla rappresentazione degli insetti ed in particolar modo alla trasformazione dei bruchi in farfalle, realizzando numerosissime tavole e pubblicando anche volumi quale "La meravigliosa metamorfosi dei bruchi e il loro singolare nutrirsi di fiori", in cui illustrava gli stadi di sviluppo di 176 specie di farfalle e dei fiori di cui si nutrono. Contrariamente a tutto quanto si poteva immaginare per le convenzioni dell'epoca, nel 1699 partì con la figlia alla volta del Suriname e vi restò per due anni, dipingendo, disegnando ed approfondendo la conoscenza di fiori, frutti, piante, insetti ed animali del luogo e da tale mole di lavoro ne scaturì poi "La metamorfosi degli insetti del Suriname". (Qui, qui e qui alcuni articoli con qualche notizia in più su Anna Maria Sybilla Merian). Come non rimanere ammaliati da tale vita coraggiosa ed avventurosa e così dedita ad una grande passione? Mi hanno sempre ispirato le storie dei viaggi di esplorazione verso terre lontane, quando il mondo era ancora in parte sconosciuto e non esisteva Google Earth a farci illudere di poter conoscere ogni angolo della Terra.
E ancor più esercitano su di me attrazione le storie di quelle donne che hanno preso parte, sebbene in misura minore rispetto all'universo maschile, alle scoperte geografiche e scientifiche di terre ai confini del mondo conosciuto di allora. L'avventura viene sempre vista come una prerogativa maschile, come, molto spesso, l'indagine scientifica, lo spirito di osservazione acuto e meticoloso che ha fatto conoscere specie esotiche di piante ed animali misteriosi. Così non è. E lo spirito di avventura e di ricerca e la sete di conoscenza fanno parte dell'essere umano e non del solo genere maschile. Dovrebbe essere cosa ovvia, ma spesso purtroppo non lo è e soprattutto non lo è stato in passato.
Tutte queste notizie mi hanno riportato alla mente due libri, uno che ho letto un po' di tempo fa e l'altro che ancora attende le mie attenzioni. Il primo è "Un giorno saprai" di Jennifer Vanderbes (di cui mi aveva attirato molto la copertina), un romanzo costruito su due trame parallele che si svolgono una nel 1912 e l'altra sessant'anni dopo nell'Isola di Pasqua .
Nel 1912 Elsa Pendleton sposa un antropologo più anziano di lei e parte con sua sorella, una ragazza autistica, per seguire il marito in una spedizione della Royal Geographic Society per studiare i maoi, le grandi teste dell'Isola di Pasqua. Sessant'anni dopo, invece, un'altra donna, una biologa americana, giunge sull'isola per verificare una strana teoria sulla rovina e distruzione dei maoi. Non ricordo nei dettagli questo libro, ma so che mi era piaciuto molto e che mi aveva appassionato per le sue atmosfere e per l'introspezione psicologica dei personaggi.
L'altro libro è "La moglie del cartografo" di Robert Whitaker, che è, invece, una storia vera, un episodio storico dimenticato che narra di una grande avventura e di una grande storia d'amore. Nel 1735 l'Accademia delle scienze francese organizzò una spedizione in Sud America per riuscire ad accertare, attraverso complicate misurazioni, che forma avesse la Terra, ovvero se fosse schiacciata ai poli o all'equatore.
Terminata l'avventurosa missione, uno dei componenti, che in Perù aveva sposato la tredicenne Isabel, pensò di ricongiungersi con la moglie e di portarla con sé in Francia, ma, a causa di complicazioni politiche sorte in quelle terre, i due non riuscirono ad incontrarsi ed Isabel organizzò una sua spedizione per raggiungerlo. Attraversando la foresta amazzonica morirono quasi tutti i suoi compagni di viaggio ed anche lei si salvò quasi per miracolo. Il libro è la ricostruzione di quanto avvenuto, realizzata dall'autore attraverso documenti dell'epoca, resoconti e verbali della spedizione. E' una storia che mi intriga e adesso mi è finalmente venuta voglia di prenderla tra le mani e di dedicarvi la giusta attenzione.
Per approfondire il tema delle esploratrici e viaggiatrici del passato, ho scoperto, inoltre, che esiste un testo di Luisa Rossi, "L'altra mappa. Esploratrici, viaggiatrici, geografe", che parla proprio di donne che tra Cinquecento e Novecento hanno compiuto esplorazioni e viaggi in terre lontane. Di sicuro deve essere interessantissimo.
In questa umida ed uggiosa giornata di primavera, ho buon materiale per sognare farfalle giganti, fiori multicolori, giungle lussureggianti e misteriose, lunghe traversate in mare per giungere a terre di sogno...
Con questo post partecipo al Venerdì del Libro.



martedì 2 aprile 2013

La mia insalata di primavera

In queste ultime due settimane mi sto finalmente riprendendo un po' di tempo e spazio per me, per la famiglia, per gli amici, per la mia casa ed il mio giardino. Questa Pasqua è stata una bella festa di primavera che non dimenticherò tanto facilmente per le sensazioni di gioia e benessere che mi ha dato stare con la mia famiglia allargata (suoceri, zii e nonna acquisiti, parenti di mia cognata, amici - purtroppo i miei familiari sono lontani...), soprattutto guardando mia figlia giocare con i cuginetti e sentendomi immensamente fortunata per tutto questo. Una festa che è stata anche un po' all'insegna del fai-da-te, visto che la mia bimba ha ricevuto in dono da mia mamma una gallina di stoffa e dei pulcini all'uncinetto fatti da lei ed io un cestino pasquale con uova di polistirolo dipinte da mia suocera.
Per quanto mi riguarda mi sono limitata molto in cucina, infatti, per il pranzo di Pasqua mi era stata assegnata un'insalata. Mi è andata bene, insomma. Niente di complicato. Così mi sono divertita a mettere insieme un po' di ingredienti per comporre un'insalata sufficientemente primaverile e sfiziosa, visto che in questi ultimi tempi sto facendo pace con l'arte culinaria e mi ci sto dedicando con più allegria.
Ecco la mia Insalata di Primavera:
- valeriana
- 2 cipollotti rossi freschi tagliati sottili
- ceci
- 2 cuori di carciofo tagliati sottili
- olive taggiasche
- foglioline di origano fresco
- riccioli di Parmigiano
- olio extravergine di oliva
- sale

lunedì 1 aprile 2013

Talee di Saintpaulia

Sono cresciuta in una famiglia che ha sempre amato le piante. Fin da piccola, quindi, trapiantare, seminare, innaffiare, fare talee, sono state il mio pane quotidiano. Mia nonna aveva il pollice verde. Da qualunque pezzetto di pianta, lei riusciva a farne nascere altre. Sia mia nonna che mia mamma spesso prendevano in giro parti di pianta o le scambiavano con amiche e conoscenti e, dopo aver trascorso un periodo nel classico vasetto d'acqua ed aver radicato, le nuove piantine venivano messe a dimora. Mi  capitava, quando ero più piccola, di trovarmi davanti a persone che non sapevano, ad esempio, come travasare una pianta e ne rimanevo ogni volta stupita, come se fosse normale saperlo, perchè per me lo era. Ho poi scoperto che la mia era una fortuna. Ero stata fortunata ad avere una famiglia così e ad essere cresciuta nell'orto di mio nonno. La passione per le piante e per la loro propagazione è quindi rimasta e si è accresciuta con il tempo. Il mistero della rigenerazione e della germinazione mi attraggono in maniera irresistibile.
Venerdì sera, mentre era in braccio al papà, la mia bimba ha per sbaglio urtato contro il vaso della mia Saintpaulia, rompendone alcune foglie. La Saintpaulia è la pianta comunemente conosciuta come Violetta africana. Spesso la si trova in vendita anche nei supermercati ed è una tipica pianta da interno dai fiori simili, appunto, a quelli della viola. Ho guardato quelle foglie recise e ho pensato che avrei potuto farne delle talee, per non sprecarle. Inoltre la cosa mi sembrava in perfetta sintonia con l'atmosfera pasquale e la natura che dà segni di rinascita ovunque intorno a noi. Le mie talee erano una specie di benvenuto alla primavera.
Sabato mattina, mentre ancora tutti dormivano, ho preso terra, vaso e foglie e ho fatto le mie talee. Ecco come si fa.
La Saintpaulia si propaga attraverso talee dell'intera foglia, comprensiva di picciolo. Delle tre che si erano strappate, infatti, una era in realtà da scartare perchè priva appunto del picciolo, ma ci ho provato comunque, non si sa mai... Sono talee facili da fare e, a differenza di quelle di altri tipi di piante, si possono fare durante tutto l'anno.
Si prende la foglia con il picciolo lungo 2-3 cm, recidendola con una lama affilata per avere un taglio netto (io infatti l'ho ritagliata proprio perchè risultava spezzata in maniera irregolare) e la si inserisce in un vasetto di terra (meglio sarebbe di torba e sabbia, ma, in mancanza di quest'ultima, io ho usato la comune terra che si trova in commercio). E' importante che la lamina fogliare sfiori appena la superficie di terra. Non va interrata, quindi, con il picciolo. Dovrebbe così svilupparsi una piantina alla base della foglia dopo un periodo che può andare dalle 2 alle 6 settimane. Non bisogna lasciare la talea al sole diretto, ma bisogna comunque porla in un luogo luminoso e caldo. Nel caso la si voglia mettere all'aperto, oltre a tenerla lontana dal sole diretto, meglio coprire il vaso con una mezza bottiglia di plastica, in modo da creare una piccola serra, dal momento che le temperature sono ancora basse e che si tratta pur sempre di una pianta da interno.
Adesso non mi rimane che attendere pazientemente. Anche se spesso tendo a dimenticarmene, le piante mi ricordano sempre quanto sia importante avere pazienza e dare tempo al tempo. Le piante sono molto più sagge di noi...

venerdì 29 marzo 2013

Cielo a pecorelle

In questi giorni il tempo è così mutevole ed il cielo così variegato che mi è venuto spontaneo, stamattina, pensare ad un libretto che acquistai qualche anno fa e che mi piace ogni tanto sfogliare e tenere tra le mani. E' piccolo e compatto, sta praticamente in un mano, ma è composto da ben 318 pagine, molte delle quali illustrate con incisioni antiche e moderne. Sto parlando di "Cielo a pecorelle - I segni del tempo nella meteorologia popolare" di Carlo Lapucci. Io ho sempre avuto un debole per le previsioni del tempo, forse anche perchè in casa le si aspettava sempre, al termine del telegiornale, come qualcosa che dava una chiusura a quanto ascoltato ed al pasto appena fatto.
Questo piccolo libro è diviso in tre parti: la prima delinea una breve storia dei segni del tempo, riflettendo sull'importanza dell'osservazione delle condizioni metereologiche nel passato, quando l'economia si reggeva sull'agricoltura; le altre due parti sono dedicate alla meteorologia antica, con brani tratti da opere di autori quali, tra gli altri, Aristotele e Virgilio, ed alla meteorologia popolare, con elencati tutti i segni indicatori del tempo in ordine alfabetico, arricchiti da citazioni e proverbi. E' un tuffo nel passato ed una piccola miniera di curiosità che mi ha fatto tornare alla mente l'" Almanacco del giorno dopo", la rubrica che andava in onda su Rai1 quando ero bambina e che era seguita da "Che tempo fa" e che, non so bene perché, amavo molto. Ancora oggi il ricordo della musica molto suggestiva che la caratterizzava (la "Chanson Baladée" di Riccardo Luciani eseguita dall'Orchestra del Chianti e composta da Guillaume de Machaut, un autore del 1300; qui qualche informazione ed immagine sul programma) mi richiama sensazioni e atmosfere della mia infanzia, quando spesso mi ritrovavo ad osservare il programma a casa dei miei nonni, prima di tornare a casa per la cena. Mi sembra ancora di risentire il tepore avvolgente del divano nella sala ed il profumo caldo della cena che si diffondeva dalla cucina, mentre io canticchiavo quel motivo antico...

Con questo post partecipo al Venerdì del Libro.

giovedì 28 marzo 2013

Il tormento della scrittura

Avevo 7 anni quando scrissi la mia prima poesia ed iniziai ad immaginare un futuro da poeta o da scrittore o entrambe le cose. Ero ambiziosa. Con il passare degli anni questa idea divenne un chiodo fisso. Le due cose a cui non avrei mai rinunciato, così risposi ad un'insegnante del liceo, erano leggere e scrivere. Al liceo ero in un continuo stato di ebbrezza letteraria, persa tra romanzi, racconti e poesie, in intima confidenza con autori che scoprivo e di cui mi innamoravo. Il sogno di essere un giorno accolta in una sorta di Pantheon in cui ritrovarli tutti mi faceva girare la testa.
Una professoressa mi propose di partecipare ad un concorso di poesia, ma all'ultimo momento, per una serie di coincidenze fortuite, non riuscii ad iscrivermi e forse vi vidi un segno del destino. Da adolescenti si è sempre molto tragici. Sta di fatto che da allora non trovai più il coraggio di uscire allo scoperto, continuando a coltivare il sogno praticamente in segreto.
Soltanto qualche anno fa, ebbi finalmente l'ardire di inviare qualche racconto al Premio Calvino, ma sempre all'ultimo minuto, sul filo del rasoio, non riuscendo a mandare che poche vecchie pagine, il minimo per partecipare, perchè di tutto il resto non ero né convinta né soddisfatta. Ovviamente non fui selezionata, anche se il giudizio che mi fu inviato conteneva alcuni commenti che mi resero felice ed altri che mi fecero riflettere su alcuni aspetti da rivedere delle mie storie.
In ogni caso, con il passare del tempo ho lentamente e mestamente abbandonato il sogno. O, meglio, ho razionalmente deciso di lasciarlo andare via. In realtà lui è rimasto sempre lì, come brace sotto la cenere.
Tra i tanti motivi che mi hanno portato a desistere, vi è un non motivo che però si trascina dietro tutti gli altri. Siamo in un momento paradossale, in cui le vendite dei libri, come pure i prestiti in biblioteca, hanno subito un'inflessione mai avuta prima, ma in cui il numero di persone che desiderano scrivere e "fare lo scrittore" è lievitato in maniera impressionante. Mi accodo pure io e mi sento sciogliere, quindi, in un mare di mediocrità. Non che non sia giusto coltivare questo sogno o sentirsi scrittori o comunque provarci, soltanto che temo semplicemente di far parte soltanto di una massa mossa dagli stessi intenti in cui è non solo difficile, ma quasi impossibile emergere e, aggiungo, è molto difficile avere i numeri per poterlo fare. Dal momento, quindi, che non ho affatto la presunzione di avere tali numeri, ecco che il passo definitivo verso la rinuncia è stato breve. Anche, confesso, per non sentirmi troppo ridicola.
Tuttavia, un giorno decisi di leggere "Gita al faro" di Virginia Woolf, un libro che mi emozionò e sconvolse e si insinuò indelebilmente dentro di me. Ricordo che fu una lettura lenta, interrotta più volte per la bellezza soverchiante di certi passaggi, che erano talmente perfetti da richiedere una pausa. Tra i mille doni che questo libro mi ha lasciato tra le mani, uno, più di tutti, ha un'eco che continua nella mia mente. Questo libro mi ha detto che vale comunque la pena di scrivere. Anche se ciò che scrivo finirà in un angolo, dimenticato e sconosciuto a tutti, ne sarà comunque valsa la pena, perché in qualche modo ciò che si crea rimane per sempre e perché l'importante è aver avuto la propria visione. E tutto questo non ha prezzo, è qualcosa di inestimabile.
Ho sempre, purtroppo, le mie cadute a tal proposito ed ogni tanto devo risfogliare quelle luminose pagine e ritrovarvi quelle parole per ricrederci almeno un po'.
Pochi giorni fa ho terminato di leggere "Espiazione" di Ian McEwan, un autore di cui in passato avevo avuto modo di leggere, senza rimanerne troppo colpita, "Il giardino di cemento". Di questo libro, invece, ho amato subito la copertina. La foto della ragazzina seduta sui gradini di pietra dal volto che mi ricorda irresistibilmente Elsa Morante. E' un libro in cui una ragazzina di 13 anni, Briony Tallis, in un torrido giorno dell'estate del 1935, decide di essere diventata scrittrice e, nello stesso giorno, con una odiosa bugia condannerà un innocente segnando per sempre anche il corso della propria vita.
Durante la lettura di tutta la prima parte non sono mai riuscita ad immaginarmi le vicende ambientate nel 1935, ma piuttosto negli anni '60 ed è qualcosa che non riesco veramente a spiegarmi e che tuttavia mi ha condotto ad iniziare la seconda parte, ambientata durante la Seconda Guerra Mondiale, con un vago senso di smarrimento. Ho trovato il tutto costruito ad arte, con una chirurgica precisione, ma ancora senza troppe emozioni, fino a quando mi sono imbattuta nella descrizione dell'episodio di linciaggio di un uomo della RAF da parte di altri soldati inglesi che è un vero piccolo capolavoro, a mio giudizio.
Briony ritorna nuovamente protagonista nella terza parte del libro e dopo averla quasi odiata in tutte le pagine precedenti, la si ritrova come una giovane adulta, intenta ad espiare la sua colpa e ad inseguire ancora segretamente il suo sogno di diventare scrittrice. E' qui che l'ho sentita vicina, che sono riuscita a perdonarla e a guardarla con più indulgenza, osservandola mentre scrive su un quaderno prima di spegnere la luce. "Al tempo, il diario le serviva a conservare la propria dignità: poteva anche apparire e comportarsi e vivere come un'infermiera tirocinante, ma in realtà era una grande scrittrice in incognito. E in un periodo in cui era tagliata fuori da tutto ciò che conosceva - famiglia, casa, amici - la scrittura rappresentava il filo della continuità. Quello che Briony faceva da sempre." Briony aveva letto Virginia Woolf e aveva inviato un suo racconto nella speranza di essere pubblicata. Come non sorridere con indulgenza di fronte a tutto ciò? Come non sentirla improvvisamente vicina ed amica?
Briony riceve una lettera di risposta che accompagna il rifiuto del suo racconto e che illustra quali sono gli aspetti che appaiono ancora immaturi. E' una lettera che ho bevuto con gli occhi e da cui ho tratto anch'io più di un ottimo insegnamento. In tale modo questo libro è riuscito a riaccendere in me il tormento e la riflessione sulla scrittura, che a ondate mi riassale, lasciandomi ogni volta distrutta e un po' boccheggiante.
Appena terminato "Espiazione", per non riflettere troppo sull'argomento, mi sono gettata nelle breve lettura di "Il ballo" di Irène Némirovsky (e su di lei andrebbe aperto un capitolo a parte, dal momento che ho letto recentemente il suo splendido "Suite francese"). Al di là delle considerazioni sul testo in sé, ho letto alcune frasi dell'introduzione di Maria Nadotti che hanno invece continuato a far fluire le mie riflessioni sulla scrittura: "La scrittura come sfida furente al 'destino femminile', come alternativa al mestiere e al ruolo assegnati alle donne." e ancora "Come è capitato a quasi tutte le grandi artiste [...] anche per Némirovsky la biografia è punto di accesso all'opera. Non solo perché, quando l'artista è donna, i critici tendono a ridurla alla dimensione esistenziale, ad attraversarne l'opera osservando dallo spioncino della vicenda privata. Ma perché le migliori artiste di sesso femminile non hanno mai separato l'opera dalla vita se non attraverso il formidabile atto del dare forma. Basti pensare ad alcuni nomi celebri: Artemisia Gentileschi, Virginia Woolf, Frida Kahlo, Louise Bourgeois."
Su questo tema molto ci sarebbe da dire ed è quasi immediato e banale anche il richiamo a "Una stanza tutta per sé" di Virginia Woolf, ma questa è un'altra storia... ed il mio tormento continua...

martedì 26 marzo 2013

Nuovi attimi da ricordare

In questi giorni ho pensato a tanti post, a tante "riflessioni sui massimi sistemi", a tutte le parole che avrei voluto usare per parlare dei libri che ho letto ultimamente, ma poi, mentre portavo a spasso Moony, la mia cagnolina ormai malata, e l'aria scoloriva velocemente facendo biancheggiare in maniera irreale le corolle delle margherite ormai chiuse ai bordi della strada, ho desiderato solo poter fissare alcuni attimi vissuti in questi giorni.
L'aria dolcissima di Roma domenica sera, mentre passeggiavo per San Lorenzo con alcune amiche. Quanto è bella e struggente Roma quando arriva la primavera. E la domenica sera la piazzetta di San Lorenzo, così gremita e giovane di sabato, è quasi vuota ed induce lo sguardo a soffermarsi sui dettagli, illuminati dalle luci calde dei lampioni. Era la mia seconda uscita con le amiche da quando è nata la mia bambina e sono stata trasportata indietro negli anni, a quando per la prima volta scoprivo i profumi della Roma delle sere estive ed ero inebriata dalla novità di questa città e dalle mia nuova vita che incominciava.
Mia figlia che mangia da sola tutta la minestra per la prima volta ed io che, commossa ed orgogliosa, continuo a farle foto e filmati per fissare questo momento mentre esulto dicendole "Brava!". Sempre mia figlia che, mentre mi abbraccia, mi guarda seria e poi mi dice "Sei uno gnomo!", scoppiando a ridere e facendo scoppiare a ridere anche me.
Vedere la mia selvaticissima gatta che passa dieci minuti a leccare le orecchie ed il muso della nostra cagnolina malata, standole sempre vicina da quando non sta bene, dormendole accanto e non abbandonandola mai per troppo tempo. Mi ha sopreso rendermi conto di quanto gli animali avvertano la malattia ed il dolore ed ho deciso di non dimenticare questi gesti così gratuiti ed umani che ho potuto osservare.
Il mio pesco che mi dà il buongiorno con il suo chiassoso fiorire quando apro la finestra della mia camera da letto e quella sensazione di benessere e pienezza che mi ha dato il ricominciare a sistemare fiori e piante in giardino.
Per tutte le altre riflessioni c'è sempre tempo...

martedì 19 marzo 2013

Condividere

L'altro giorno ho pubblicato una foto sul mio profilo Facebook (e pure in questo post, ma poi l'ho tolta...sempre per le perplessità espresse di seguito e perchè in origine avevo pensato di non pubblicare tale tipo di foto qui) dopo aver tentennato per svariati minuti, incerta e perplessa sul da farsi. E' la prima foto pubblica dove compare mia figlia (e pure da lontano...). Tanti amici lontani mi avevano chiesto di vedere qualche foto, ma io ho sempre evitato, per una questione di cosiddetta privacy, perchè pensavo che magari in futuro la cosa potrebbe non piacere a mia figlia e per altre varie riflessioni di questo genere che poi sono sfociate sul tema della condivisione e sul suo significato o, meglio, sul significato che ha assunto nei nostri tempi.
Ho trovato a tal proposito due articoli (qui e qui) a loro modo collegati, che mi hanno portato ad approfondire la questione, e ne ho ripescato un altro che mi era capitato sotto mano qualche settimana fa (e che ho soltanto in versione cartacea).
Recentemente il Censis ha pubblicato il suo decimo rapporto annuale sulla comunicazione in Italia e ciò che ne è scaturito è che ormai è iniziata a tutti gli effetti l'era biomediatica, in cui l'uomo è sempre più connesso alla rete attraverso smartphone e tablet che utilizza per condividere contenuti relativi alla propria vita quotidiana sui social network. Mondo reale e virtuale si fondono, la macchina diviene quasi una protesi e cambia sempre di più il modo di comunicare. Mi è più volte capitato, in effetti, di trovarmi con amiche/ci che mi parlavano mentre navigavano su Internet con lo smartphone o che si isolavano per continuare a giocare a Ruzzle.
Di questo rapporto mi ha colpito il fatto che le persone non sembrano più in grado di stabilire una gerarchia fra i mezzi di informazione e danno ugualmente credito a tutto ciò che circola in rete. Altro aspetto inquietante è che il numero di libri letti dagli italiani è diminuito ancora: solo poco meno della metà degli italiani legge almeno un libro l'anno. Un altro dato che mi ha fatto pensare è che i biomediatici ricercano sul web solo ciò che già conoscono e che al massimo conferma le loro idee, creando una nuova forma di conformismo. Insomma, tutto sembra essere più superficiale: i contatti umani, l'acquisizione di informazioni, il modo di trascorrere il tempo.
Tutto questo si collega ad alcuni pensieri che ogni tanto mi nascono a proposito del fenomeno dei blog. Spesso mi capita di pensare che i blog sono un modo per condividere che forse è in parte narcisistico, un po' come Facebook. Riflettevo che è strano, come capita a me, mettere online i propri pensieri e poi essere così restia a pubblicare foto. Sui social network ognuno pare celebrare se stesso, con fotografie dalle pose da star e con condivisione di contenuti di altri. Il fenomeno non si può solo demonizzare, ovviamente. Grazie a Facebook ho ritrovato amici che non sapevo come contattare altrimenti e grazie al blog ho "conosciuto" persone nuove e appreso cose di cui non conoscevo l'esistenza. La rete è una miniera. Basta scavare. D'altronde 13 anni fa io, in rete, ho trovato il mio compagno.
Torno a pensare al significato del "condividere" (nell'articolo di GreenMe si parla proprio di questo e di un convegno che si è tenuto a Milano alla Fiera Fa la cosa giusta sulla Sharing Economy). Oggi si usa il termine condividere per pubblicare un contenuto e mostrarlo agli altri sui social network, ma non può significare solo questo. Sono infatti nati tanti progetti e siti per condividere cose, tempo, prestazioni.
E' un mondo diverso che forse rivisita quello del passato in chiave moderna. Sembra però tutto più etereo, inconsistente. Condivido qui i miei pensieri, ad esempio, ma a parte due o tre persone, nessuno dei miei amici lo sa. Il poco tempo a disposizione mi ha portato a frequentare meno gli amici di un tempo ed a non fare quasi nulla per cercarne di nuovi che condividessero i miei stessi interessi.
Alcuni rapporti creatisi in rete grazie al blog sono qualcosa di bello che mi ha arricchito e che continua a farlo, ma mi dispiace, a volte, che rimangano solo virtuali.
Penso poi al consorzio in cui vivo. Qui vi sono un discreto numero di famiglie, ma noi ne conosciamo poche. Le riunioni sono simili a quelle condominiali, sempre litigiose ed estenuanti. Nei miei momenti da "Tamara nel paese delle meraviglie" mi ero anche proposta di occuparmi delle aree verdi che abbiamo a disposizione per dare vita - udite udite - ad un orto-frutteto comune con tanto di compostiera e ad un'area gioco per i bambini. L'idea è andata subito a monte prima ancora di essere proposta, perchè tutti avevano da ridire anche relativamente a questioni di piccole spese necessarie, quindi una proposta così "superfluea" era impensabile.
Recentemente qui vicino è venuta ad abitare una nuova famiglia dove c'è una bambina poco più grande della mia (lo so perchè in giardino c'è una bicicletta rosa). Li ho visti solo passare in macchina ed andavano sempre troppo velocemente perchè li si potesse salutare. Non mi piace essere invadente e sono tendenzialmente restia a farmi avanti, ma nella mia mente penso sarebbe bello, quando una nuova famiglia viene a vivere qui, darle un segno di benvenuto, un saluto, un dolce fatto in casa...non so, qualcosa così...
Io stessa condivido spesso solo con il pensiero, ma sono talvolta incapace di farlo nella realtà. La questione è complessa, ha varie sfaccettature e forse meriterebbe un approfondimento a parte. So solo che oggi avrei voglia di condivisione, ma mi manca il coraggio per fare i primi passi e nemmeno so bene come iniziare...

venerdì 15 marzo 2013

A proposito di giocattoli

Nel post di ieri mi ero fermata a riflettere sui giocattoli cosiddetti da maschio e da femmina e a ripensare al mio bene più prezioso di quando ero bambina: la bicicletta. Oggi mi è capitato così di ricordare un libretto che qualche tempo fa avevo ripreso tra le mani in un momento di nostalgia: Il catalogo dei giocattoli di Sandra Petrignani (qui il blog dell'autrice), edito da Baldini & Castoldi, definito da Ian McEwan "Un incantevole esercizio di leggerezza". E così è, in effetti, perché questo piccolo volume trasporta in un tempo ormai passato e fa sorridere di tenerezza per i bambini che siamo stati.
E' un vero e proprio catalogo, dove ogni capitoletto è dedicato ad un gioco o giocattolo, spesso ormai desueto, ed alcuni di essi non sono stati neppure protagonisti della mia infanzia, perchè appartengono ad alcuni decenni precedenti. Il primo di essi, il cui titolo avevo cerchiato in passato ad una prima lettura, è l'altalena, l'altro bene assoluto della mia infanzia, quello che sapeva darmi i brividi e farmi sentire ebbra di gioia. Ci sono poi le biglie, il carillon, la cerbottana, le figurine (il traffico di figurine era qualcosa di meraviglioso!), la Barbie, la girandola, la matrioska (passione di mia figlia), il pongo e così via, fino al macinino da caffé.
Leggerlo fa rievocare lunghi pomeriggi assolati che sembravano infiniti, un po' polverosi e sudati, o i corti pomeriggi invernali nel tepore di casa mentre mia mamma trafficava in cucina e fuori turbinava il freddo o ancora l'azzurro terso di certe mattine di primavera, magari durante le vacanze pasquali, quando non si andava a scuola ed avevo tutto il tempo per me.
Questo libro mi ha fatto venire in mente anche un altro volume che avevo acquistato usato qualche tempo fa, "Giochi giocattoli passatempi" di Fabio Galvano, che non è altro che un manuale pratico per fabbricare ogni tipo di giocattolo e che risale al 1975. Quando lo avevo visto mi aveva subito attratta perchè mi piaceva l'idea di realizzare per mia figlia qualche gioco fatto a mano e mi immaginavo il mio compagno ed io armati degli strumenti per fabbricarli. Non so se avremo mai tempo e modo di seguire le istruzioni di questo libro, ma sfogliarlo porta veramente in un altro tempo, quando era ancora normale l'idea di costruirsi una pista delle automobiline, un burattino, un castello medievale, un'altalena, uno xilofono e così via.
Oggi si parla molto di riuso, riciclo, recupero, quindi un libro di questo tipo, alla fine, si rivela ancora molto attuale. Mi piace molto il suo sottotitolo "Costruire e riparare con abilità e intelligenza, inventare e realizzare con fantasia i giocattoli per i nostri figli. Un hobby per chi li crea e un divertimento per chi li usa." Fa venire voglia di darsi da fare...
Con questo post partecipo al Venerdì del libro.

giovedì 14 marzo 2013

Avere una figlia oggi

Da sempre, anche quando ancora non pensavo concretamente alla maternità, nella mia testa frullava il desiderio di una figlia. Forse per l'attrazione esercitata su di me dalle saghe familiari in cui le donne sono grandi protagoniste, come "La casa degli spiriti", ed in contrasto con una lieve misoginia che non mi ha mai portato ad avere durature amicizie femminili, il pensiero di una figlia è esploso quando sono rimasta incinta. Quando ho saputo che era femmina, ho provato una gioia immensa.
Ma cosa vuol dire oggi crescere una figlia? La faccenda è complicata. Essere donna è complicato, forse più adesso che in passato, perchè adesso, in teoria, puoi scegliere come vuoi essere. Dico in teoria, perchè in realtà i binari tracciati sono infiniti e basta guardarsi intorno per scoprirlo.
Ho sempre pensato che uomo e donna siano caratterizzati da diversità da valorizzare per potersi completare a vicenda. Ingenuamente, desiderando una figlia femmina, non mi ero mai fermata a riflettere sugli stereotipi di genere con i quali avrebbe dovuto scontrarsi inevitabilmente e dai quali la complessità e peculiarità dell'universo femminile ne escono impoverite in maniera avvilente.
Ammetto che è piacevole talvolta vestirla in modo grazioso e comprare per lei qualcosa di sfizioso da indossare. Eppure non voglio che lei finisca per essere la mia bambola da vestire e preferisco accumularle nell'armadio libri che le darò quando sarà cresciuta. A breve la mia bambina compirà due anni. Con il papà abbiamo pensato ad un regalo per lei, che è sempre in movimento, che ama camminare ed esplorare, ma anche calciare il pallone. Il risultato della consultazione è stato una bicicletta, adatta alla sua età ovviamente.
La bicicletta. Nella mia infanzia quest'oggetto è il simbolo di una libertà sconfinata, di lunghe corse solitarie in cui mi sembrava di avere tutto il mondo tra le mani.
Felice di questa scelta, mi sono messa alla ricerca. Forse nel posto sbagliato. E' stato piuttosto sconfortante girare tra gli scaffali dei giocattoli. Un reparto bambina che esplodeva davanti agli occhi per il rosa accecante che caratterizzava ogni cosa. Passando ho notato la cucina giocattolo, un set comprensivo di ferro da stiro e lavatrice che una bambina dal sorriso smagliante indicava dalla confezione, l'asse da stiro, il set da the e così via. Poi il reparto bambino, con macchine, piste per le macchine, set da meccanico, stazione dei pompieri, ecc.
Ora, non che io voglia escludere a priori che mia figlia si possa divertire con una cucina giocattolo o un ferro da stiro, perchè cadrei nell'errore opposto, ma non vedo perchè un bambino non si possa divertire altrettanto con i suddetti giocattoli.
Pochi giorni fa mi è capitato di sentire dire che un camioncino non era adatto per la mia bimba, ma lei si è divertita ugualmente a farlo andare avanti e indietro, così come si diverte a cullare e a dare la pappa ai suoi pupazzi. I bambini non hanno il pregiudizio. Siamo noi ad insinuarlo nella loro mente.
Certe volte penso che per mia figlia forse vorrei un nido come Egalia, un asilo svedese in cui i giochi sono uguali per maschi e femmine (qui qualche informazione su questo approccio sperimentale) e si usano pronomi neutri per tutti.
Recentemente mi è capitato di leggere questo articolo in cui che riflette su quanto sia difficile oggi crescere una ragazza. Qui si parla anche di alcuni "parenting guru", tra i quali Steve Biddulph (autore di Raising Girls), una sorta di versione angloaustraliana del nostrano Paolo Crepet, che condanna inevitabilmente "la melassa della pin ki fication, ovvero il corredo di abitini ro sa, bambole rosa, ca merette rosa e giocattoli da massaia in erba che spesso accompagna una bim ba. [...] l'abbiglia men to da non-spor care-o-sciupare, l'edu ca zione prudente e conformista, la pre sun ta accoglienza femminile (bambine troppo buone saranno donne colpevo liz zate, lente a liberarsi dei partner sbagliati), i romanzi e i film dove il lie to fine coin cide con un ma trimonio..." (frasi tratte dall'articolo citato). Eppure si mettono in evidenza anche le infinite possibilità che oggi le giovani donne hanno rispetto al passato, le mille sfaccettature della femminilità che possono finalmente incarnare.
La conclusione è che il rischio, il pericolo peggiore in questo ampio spettro di possibilità, è, come sempre, il consumismo. "Ne deriva che le ra gazzine di oggi siano prede magari informate ma ubbidienti, lucide ma zeppe di bi sogni in dotti."
Il mondo delle donne. Quante riflessioni ne possono scaturire e difficilmente si riesce ad affrontare l'argomento senza cadere nella banalità, come sempre succede, ad esempio, nel giorno della Festa della donna. Io ho sempre un rapporto contrastato con l'universo femminile a cui appartengo, ma mi rendo conto che ciò che me lo fa guardare con distacco e diffidenza e quasi con un senso di non appartenenza, è spesso il prodotto di uno stratificarsi di stereotipi, che sono molto distanti da quella che sarebbe in realtà l'intima natura femminile.
In occasione dell'8 marzo sono usciti questi articoli (qui e qui), in cui si parla di una lingua segreta, conosciuta solo dalle donne in Cina, il Nushu, l'unica lingua di genere al mondo, "il dialetto delle confidenze", creata da un gruppo di donne dello Hunan nel 1600 per raccontare segretamente la loro vita di sofferenze. Recentemente è stato riscoperto ed è divenuto, come accade di consueto con questo tipo di cose, un fenomeno di moda e di costume, raffinato e d'élite, per il quale fioriscono manuali ed eventi. Ed ecco il consumismo che si riaffaccia e che sgretola la profondità delle cose.
Non è facile, oggi, crescere una figlia. E quello che forse le dovrei regalare per il suo compleanno non è neppure una bicicletta, ma occhi per guardare davvero il mondo, per coglierne la bellezza e la complessità e per saper scegliere liberamente come agire in esso.

mercoledì 13 marzo 2013

"Viaggio che non finisce"

Questa settimana mi sono concessa un po' di tempo per me. O almeno una pausa dall'università. Rimangono la casa, mia figlia, il lavoro di battitura testi, ma ho finalmente qualche ora per me, in cui la mente può vagare liberamente dietro ai pensieri.
Ho pensato subito di stilare una lista delle cose che avrei voluto fare (avevo parlato qui dell'arte di creare liste), ma, inevitabilmente, mi sono ritrovata a compilare un elenco che meritava il titolo di "Cose da fare". Di fronte alle infinite possibilità che si schiudono quando traspare un momento da dedicare a se stessi, spesso, o almeno così accade a me, si avverte un senso di smarrimento. Non perchè non si sa cosa si desidera fare, ma perchè le cose che si vorrebbero fare sono troppe ed anche perchè si è troppo abituati  a non fermarsi. Paradossalmente è più facile continuare con il proprio frenetico ritmo quotidinano.
Fermarsi obbliga a ripensare ai nostri schemi mentali, alla nostra routine di gesti, parole, comportamenti di tutti i giorni. E comporta anche un venire a galla di sensi di colpa perchè non si sta compiendo i propri doveri.
Fermarsi sembra un atto sbagliato, di chi non ce la fa, di chi è debole, di chi non sa cavalcare l'oggi.
Nel silenzio di questa mattina finalmente ferma, mentre scrutavo il tempo fuori dalla finestra trovandovi una giornata quasi autunnale, d'improvviso ho preso dalla libreria un cofanetto color carta da zucchero, di cui quasi non ricordavo l'esistenza. Anni fa, quando frequentavo l'università a Genova, mentre aspettavo il treno mi fermavo spesso a frugare tra i libri di una libreria alla stazione Principe, dove ho trovato tanti preziosi volumi a metà prezzo, Remainder's, fondi di magazzino, occasioni speciali. Fra questi c'era il piccolo cofanetto carta da zucchero. Quattro piccoli volumi. Tre raccolte di poesie ed un'intervista. L'autore è Luciano De Giovanni, un poeta sanremese quasi sconosciuto, il "poeta stagnino". La Liguria e la poesia. Un binomio che sembra imprescindibile ed al tempo stesso inconsueto per la natura aspra e selvatica di quella terra, che è al tempo stesso sublime.
Ho aperto il primo volume "Viaggio che non finisce". Ho sentito fortemente la nostalgia per la Liguria e per quegli anni passati. Ho avvertito prepotentemente il desiderio di rifugiarmi in un luogo lontano. Ecco cosa vi ho trovato.

Fatemi trovare l'uscita
di questo rumoroso labirinto
affinché subito me ne vada
lasciandovi alle vostre cure.
Certo un errore 
mi ha tratto in questo luogo.

Per favore:
quella montagna all'orizzonte
con un cuscino di nebbie
non è già oltre i vostri confini?

Mi rammarico che le opere di questo poeta siano praticamente introvabili (qualche notizia qui e qui, qualche poesia si trova sparsa per la rete). Mi perdo a leggere la breve introduzione alla raccolta, che riporta un passo di un articolo apparso su "Stampa sera" nel 1958, in cui si parla del poeta: "Quando può, esce la notte, gira per le strade, guarda le stelle. Ama la natura e girovaga per i boschi."
Oggi vorrei crogiolarmi un po' in quel mondo perduto, immergermi in quei versi.

venerdì 15 febbraio 2013

Per amore delle parole

Un paio di settimane fa, in una fugace sortita al mercato del paese, in una bancarella che vende libri ad un prezzo ridicolo, mi sono imbattuta in un testo di Beatrice Masini, prolifica scrittrice per bambini e ragazzi, che non ho proprio potuto lasciare lì. Si tratta di "Per amore delle parole - vita e passioni di Virginia Woolf", pubblicato dalle Edizioni EL nella collana Sirene (molti titoli della collana, tra i quali anche questo, si trovano come Remainders a metà prezzo).
Io amo Virginia Woolf, per questo non ho potuto resistere. E mi incuriosiva il fatto che il libro della Masini fosse dedicato alle giovani lettrici, dai 9 a 13 anni circa, come tutti gli altri della stessa collana.
Il testo ripercorre così, in maniera poetica ed evocativa, impressionistica, la vita della grande scrittrice, tratteggiandone i momenti salienti, aprendo finestre sui suoi pensieri e sulle sue emozioni.
E' una lettura che scorre via piana e veloce. E' bastata una manciata di ore, ma vi ho ritrovato tutta la Woolf che amo, dalle estati trascorsi a St. Ives, protagoniste poi di Gita al faro, alle care figure della sorella Vanessa e del fratello Thoby (La stanza di Jacob), a quelle che animano il circolo di Bloomsbury, fino al momento della morte nel fiume Ouse.
Nella Premessa, Beatrice Masini, che sembra quasi giustificarsi per questa sua deliziosa opera, scrive: "Isaac Bashevis Singer, scrittore, una volta ha detto: 'Quando vado a comprare il pane, è perchè ho bisogno del pane. Non m'interessa la vita del panettiere'. Se amiamo dei libri, non è necessario per questo amare anche colui che li ha scritti. Noi lo amiamo come scrittore. La persona che c'è dietro lo scrittore può anche restarci ignota. Forse è meglio così. [...] E allora che senso ha leggere la biografia di uno scrittore? Che senso ha scriverla? Io, che amo leggere sopra ogni altra cosa, ho letto pochissime biografie di scrittore: quattro, forse cinque. E questo libro comunque non è una biografia. Ho cercato di immaginare alcuni momenti della vita di Virginia Woolf...".
E' vero. Noi li amiamo come scrittori. Io, però, adoro anche il risvolto di copertina che condensa in poche righe la vita degli autori, perchè è la premessa di future scoperte che so che mi faranno amare ancora di più le opere che leggo.
Per chi ama Virginia Woolf ed anche per chi non la conosce, consiglio quindi questo libro.
Infine un altro particolare aveva attirato la mia attenzione, ovvero il nome della collana di cui fa parte il testo. Sirene. Sirene è anche il titolo di una commedia delicata e deliziosa che mi ricorda gli anni della preadolescenza e i primi dell'adolescenza. Un film di Richard Benjamin con Cher, Bob Hoskins, Winona Rider e Christina Ricci, che in passato avevo registrato e che guardavo e riguardavo spesso, sognando in futuro di avere due figlie femmine. Ancora oggi è un film che amo rivedere quando ho voglia di tirarmi su e di reimmergermi nell'atmosfera di quegli anni. E' una commedia senza pretese, ma per me ha qualcosa di magico, con il suo modo ironico e dolcissimo di parlare del momento difficile e preziosissimo dell'adolescenza.
Mi crogiolo quindi nell'idea (struggente), un giorno, di far leggere questo libro (e magari far vedere anche il film) ad una mia figlia un po' cresciuta...
Partecipo con questo post al Venerdì del Libro.

martedì 12 febbraio 2013

Un nuovo arrivato

Ho un computer portatile nuovo. Quello storico che avevo dal 2007 è andato. Non aveva più autonomia senza l'alimentazione elettrica, in più punti il metallo lucente aveva lasciato il posto ad un indefinito colore grigio, le lettere, donandosi alle punte delle mie dita in maniera incondizionata, erano diventate pallide ombre, tra i tasti si annidavano polveri calde e misteriose. Eppure era il mio computer e dentro vi era riversata una parte della mia vita. Nel suo disporsi caotico di icone raffigurava il mio disordine quotidinano, quello in cui solo io riesco a ritrovarmi. Ora ho tra le mani questo nuovo cuore elettronico che pulsa e che sembra guardarmi ammiccando, mostrandomi la sua pelle cromata, il suo schermo che si apre in un abbraccio luminoso e soffuso, invitandomi a considerarlo con benevolenza, se non con amore.
Io continuo a guardarlo con circospezione e sospetto, avvicinandomi a lui solo di tanto in tanto, studiandolo da lontano, con poco calore. La sua perfezione, il suo corpo nuovo, forgiato nel futuro, il suo sembrare irraggiungibile.
Ancora devo abituarmi a lui. Ancora fatico a dimenticare il suo predecessore. E' sempre così curioso e sorprendente il modo in cui gli oggetti siano intessuti di una vita e di una personalità propria, che è in parte anche la nostra.
Ancora non siamo amici lui ed io. Ancora dobbiamo trovare un modo per collaborare, per entrare in confidenza.
Io ho fatto il mio passo. Vediamo adesso lui come reagisce...

venerdì 1 febbraio 2013

Estrazione!!!

Ringrazio tutte coloro che hanno fatto gli auguri di compleanno al blog! L'estrazione avrebbe dovuto aver luogo ieri, ma oggi avevo la terribile consegna di parte della relazione finale (ne avevo parlato qui) - che è andata bene! - e ieri mi è stato impossibile farlo.
Purtroppo domenica, più o meno dopo aver pubblicato il post, il computer si è rotto e, a seguire, mia figlia ha rotto la pennetta usb con cui mi connetto. Sono quindi al momento impossibilitata a pubblicare le foto che avevo fatto dell'estrazione (sto scrivendo da un pc che non è il mio e non ho i programmi per scaricare le foto e modificarle).
Per il sorteggio ho scritto i nomi su alcuni bigliettini e li ho messi dentro la più grande della matrioske con cui gioca la mia bimba in questo periodo. L'idea era quella di fargliene estrarre uno. Lei, però, ha scelto la sua tecnica: ha rovesciato per terra tutti i biglietti e ne ha preso uno. Gliel'ho dovuto subito tirare via dalle mani prima che venisse di nuovo mischiato agli altri e questo ha suscitato un pianto disperato (era già strana per il sonno e per due canini che stanno spuntando contemporaneamente). Il risultato, comunque, è stato questo...
La fortunata estratta è ......
MARIS!!!!!!
Grazie ancora a tutte quelle che hanno partecipato e congratulazioni a Maris!!
PS: Maris, se mi scrivi una mail, ci accordiamo sulla spedizione!!

domenica 27 gennaio 2013

Auguri di buon compleanno per il blog e un regalo

Un po' di giorni fa, esattamente il 13 gennaio, era il "compleanno" del blog. E' passato un anno da quando avevo deciso di aprire questo spazio. Come per molti dei propositi per il nuovo anno, l'idea di scrivere un post in quel giorno è naufragata miseramente.
Oggi, però, mentre uno splendido sole illumina la casa, ho deciso di fermarmi un attimo e di scrivere queste poche righe.
Guardando indietro è inutile dire che avrei voluto scrivere di più, intrecciare e mantenere in maniera più continuativa e profonda relazioni con il mondo della blogosfera e coltivare maggiormente i miei interessi e le mie passioni. Pazienza. E' andata così. Davanti a me c'è tutto un anno.
In qualche modo volevo comunque festeggiare, così, visto che ho una copia in più (sempre grazie al mercatino dell'usato) di "Il mio letto è una nave" di Robert Louis Stevenson.
E' una raccolta di poesie, che sono vere e proprie storie magiche che richiamano il mondo dell'infanzia, ispirate da quelle che la nutrice Cummy raccontavo ad uno Stevenson bambino. Sono poesie che mi hanno incantato e che quindi mi fa piacere condividere con qualcuno che passerà di qui. (Da leggere, perchè merita, anche la bella ed affascinante presentazione di Roberto Mussapi.)
Se, quindi, vi capita di leggere questo post, lasciatevi un commento. Il 31 gennaio scriverò tutti i nomi su dei bigliettini e ne farò estrarre uno alla mia bimba.
Buon compleanno alla Collina dei Barattoli!

venerdì 25 gennaio 2013

Time and Weather: a whole year round


Ieri, in questo post, ringraziavo (e torno a fare i miei ringraziamenti anche oggi) Cì (IlMondodiCì), Simonetta (LaSolitaMamma) e Monica (UnconventionalMom) per i consigli ed i suggerimenti che mi hanno dato relativamente ad alcuni libri in lingua inglese che dovrò usare per un progetto per bambini di IV della scuola primaria. Cì mi ha inoltre suggerito di partecipare al Venerdì del Libro di oggi condividendo proprio i titoli dei libri che sono stati raccolti.
I temi attorno a cui ruotano i libri che mi sono stati suggeriti e quelli che avevo trovato in precedenza riguardano il time, quindi ore, parti della giornata, giorni della settimana, mesi, stagioni, ed il weather, per cui il tempo atmosferico nelle varie stagioni, ma anche i frutti, i fiori, le piante che si possono trovare nei vari momenti dell'anno e quindi il ciclo vitale delle piante. Infine anche festività e tradizioni anglosassoni.
Mi sono stati indicati anche nursery rhymes, informazioni varie e video.
Intanto ecco i libri:
- Around the Year di Elsa Beskow
- Mother Earth and Her Children di Sybille Von Olfers
- Morning, Noon an Night di Jean Craighead George
- Listen, Listen di Phillis Gershator
- A Tree for All Seasons di R. Bernard
- The Jacket I Wear in the Snow di Shirley Neitzel
- New Treetops di Sarah Howell e Lisa Kester-Dogson
E poi...grande protagonista...Eric Carle con:
- The Tiny Seed
- Today is Monday
- The Very Hungry Caterpillar
- The Bad-Temperated Ladybird
Se qualcuno avesse altri suggerimenti, li accetto molto volentieri!!! Come ho già scritto ieri, mi sono stati accorciati moltissimo i tempi di consegna del materiale, per cui sono ancora alla ricerca di testi in lingua originale sull'argomento, in particolare sulle festività e le tradizioni anglosassoni.
Devo veramente dire grazie alla solidarietà della rete per le informazioni che sono riuscita a raccogliere.
Purtroppo oggi non riesco, per mancanza di tempo e di forze (sono ancora influenzata e senza voce), a descrivere ogni singolo libro. Spero quindi di poterlo fare nei prossimi giorni.
Con questo post partecipo al Venerdì del Libro.