martedì 4 dicembre 2012

Tornando a casa...

Qualche giorno fa sono stata nuovamente a trovare i miei genitori con la mia bimba. Il papà, purtroppo, causa lavoro, è rimasto qui. Abbiamo preso l'aereo ed anche questa volta mi sono stupita di come hostess e stewart siano sempre in qualche modo "belli". Hanno un aspetto quasi etereo, proprio come fossero forgiati, modellati dal vento, dall'aria, dalle nuvole che attraversano ogni giorno. Un'aria dignitosa, uno sguardo profondo che sembra volgersi lontano. Una gentilezza algida, non reale, non umana, inarrivabile. Movimenti sicuri e fludi anche mentre l'aereo balla tra le nubi.
Sono stati giorni rilassanti e stressanti al tempo stesso, perchè mia figlia si è ammalata quasi subito (il clima più umido e freddo?) e la casa (che non è quella della foto...magari lo fosse!) è abbastanza anti-bambino (con scala a portata di mano, camino, forno e fornelli accesi accessibili, cane e gatto socievoli solo fino ad un certo punto...). Eppure sono stata bene. Soprattutto al mattino presto, quando ancora gli altri dormivano ed io mi svegliavo per guardare fuori i luoghi familiari immersi nel silenzio, con in sottofondo il suono macinante e sempre uguale dell'orologio attaccato al muro.
Vicino alla nuova casa dei miei un tempo c'erano campi e prati, adesso un nugolo di case che cresce e si moltiplica ad ogni mia visita. Tra le nuove abitazioni è rimasta, come un'isola di un tempo passato, come se lì ci fosse un varco temporale per un'altra dimensione, una villa ormai disabitata, che non ero mai riuscita a vedere così da vicino come questa volta, proprio perchè un tempo non era possibile avvicinarsi così tanto. Leggende metropolitane della mia infanzia volevano che nel giardino della villa si celasse uno stagno con sabbie mobili pericolosissime. Gli alti alberi e le siepi che circondavano la casa impedivano di vedere dentro il giardino e ciò alimentava ancor di più la certezza che vi si nascondesse qualcosa di veramente terribile.
In questo mio soggiorno ho fatto una passeggiata con mia mamma e la bimba e, armata di macchina fotografica, sono riuscita finalmente ad immortalare la villa. Quest'estate avevo scrutato con timore e attrazione le fronde fitte che la nascondevano alla vista, una macchia di nero tra le luci troppo chiare delle case attorno. Ho fotografato anche ciò che resta di un vecchio fienile, che da bambina potevo vedere solo da lontano, perso nei campi. Le siepi e gli alberi della villa erano un brulicare di ballerine bianche, uccelli così esili ed eleganti dalla lunga e sottile coda (che mia nonna chiamava infatti codone), che sgranavano i loro cinguettii al nostro passaggio. Ce ne siamo stupite e rallegrate, indicandocele vicendevolmente. Ho riflettuto sul fatto che la mia capacità di stupirmi di fronte alla natura deriva in gran parte dai miei genitori e dai miei nonni. Sono loro che, con l'esempio, mi hanno insegnato a guardarmi intorno e a notare tutte le cose belle che mi circondano.
In questi giorni mi sono reimmersa in una realtà che non mi appartiene più, cercando di acciuffare ciò che di buono racchiude in sé. Ho allora ascoltato le chiacchiere di paese tra mia mamma ed una sua amica che era passata a trovarla. Ascoltavo la voce di questa signora, così quieta e monotona, che raccontava in modo cadenzato, morbido, quasi sussurrando. Cose senza importanza e minuscole, in verità. Eppure prestare attenzione e partecipare a questa piccola chiacchiera mi ha cullata. Questo piccolo mondo del paese, che tanto non sopporto, in quel momento, dall'esterno, è riuscito a rilassarmi, a farmi sentire tranquilla.
Non sono riuscita ad incontrare gli amici, per vari motivi, e mi sono dovuta limitare ad una lunga telefonata con una di essi per avere aggiornamenti e notizie dell'ultimo minuto. La permanenza forzata dentro casa mi ha però permesso di fare un po' di foto e di filmati e, soprattutto, rovistando in soffitta, di ritrovare il preziosissimo album di fotografie di mia nonna, che ormai da sette anni si andava cercando tra gli scatoloni ancora rimasti dal caos del trasloco e per cui mia mamma ed io ci disperavamo ogni volta. Mentre mia figlia saltava su e giù dal letto e mia madre cercava invano di tenerla calma, io, imperturbabile, mi guardavo il contenuto di questo album come fosse uno scrigno di tesori, ritrovando i volti bellissimi dei miei nonni a ventanni, quando, pur vestiti di abiti poveri, sembravano due luminosi attori del cinema in bianco e nero. Dietro ogni foto c'è annotato un piccolo numero. Lo scrissi io una notte di circa dieci anni fa, quando, dopo una scossa di terremoto, andai a dormire da mia nonna. Passammo la notte a guardare le foto ed io annotai su un quaderno tutto quello che lei si ricordava: chi c'era, dove erano, cosa era successo.
Ho poi camminato nel viale di platani su cui si affaccia il palazzo in cui ho vissuto da bambina, mentre la pioggia scendeva piano. Mentre i miei piedi calpestavano il letto di foglie cadute, sono stata assalita dai ricordi. La sensazione di quelle foglie è impressa nella memoria dei miei piedi. Ho avuto la certezza che in quella pioggia che cadeva morbida sull'ombrello di mia madre, in quel cielo lattiginoso, in quelle piante molli di pioggia erano racchiuse la mia infanzia e la mia adolescenza.
Come sempre, ne ho approfittato per sbirciare tra le librerie di mio padre, trovandovi un nuovo interessante acquisto: "Gli occhi della libertà" di Fabrizio Achilli, un libro fotografico sulla Resistenza vicino a Piacenza. Mi sono persa a guardare tutte quelle fotografie di un tempo che sembra ormai così lontano. Mi ha colpito una parte del testo in cui l'autore parlava dell'importanza non solo fisica, ma anche simbolica della montagna nell'ambito della Resistenza, e del suo legame strettissimo con la figura del partigiano. Veniva citato Calvino e si faceva riferimento all'esperienza partigiana come all'attraversamento di una soglia. Questo mi ha colpito perchè mi ha fatto tornare alla mente un racconto che avevo scritto anni fa e che avevo proprio inviato al Premio Calvino (sì, una volta in vita mia ho avuto il coraggio di farlo...poi non più...). Le riflessioni scaturite mi hanno portato a riprendere in mano alcuni libri: Fenoglio con "I ventitré giorni della città di Alba", "Il partigiano Johnny", "Primavera di bellezza", "Una questione privata" e "Una guerra civile" di Claudio Pavone, un saggio storico sulla moralità della Resistenza che avevo studiato per l'esame di Storia Contemporanea vari anni fa.
Certo gli ultimi giorni sono stati meno rilassanti, tutti un po' ammalati, chiusi in casa ed io, infine, ho iniziato a risentire l'esigenza di ritrovarmi nel mio ambiente, di tornare a quello che ormai è felicemente il mio mondo, di recuperare i miei spazi. Speravo solo che il mio secondo nipotino nascesse mentre noi eravamo lì, invece ha deciso di affacciarsi al mondo giusto un paio di giorni dopo la nostra partenza. Mi è toccato quindi vederlo solo in foto, mentre mia figlia, senza che io le avessi detto nulla, all'apparire dell'immagine ha esclamato "cuginetto!", lasciandomi basita a domandarmi se è capace di leggermi nel pensiero. Solo oggi, dopo vari giorni, in una giornata altrettanto piovosa e ventosa di quella che ha visto il nostro ritorno, sono riuscita a trovare un momento per fissare anche questi ricordi, prima che il tempo li afferri e li lasci fuggire via.


5 commenti:

maris ha detto...

E io ti ringrazio per averlo fatto, perchè sarebbe stato un peccato troopo grande far disperdere sensazioni e ricordidi tale intensità e bellezza.
Mi ha molto colpito ciò che ha colpito te e cioè come la montagna possa essere stata importante proprio come simbolo nell'ambito della Resistenza...una cosa che mi dà un pò i brividi, sai? Non so perchè.

Continua a condividere con noi questi tuoi momenti importanti, mi raccomando.!
E auguroni per il nuovo nipotino :-)

Ti abbraccio.

Manu ha detto...

Bellissimo questo post ... non posso aggiungere altro; hai comunicato sensazioni dolci e struggenti. Grazie.

Tamara ha detto...

x Maris e Manu: grazie a tutte e due per i vostri commenti! Mi fanno proprio piacere.
Un abbraccio forte

Anonimo ha detto...

Ciao Tamara,

oggi ho ripreso confidenza con il tuo blog, che da un mesetto circa sto trascurando:.

Come sempre ci ho trovato più di un buon motivo per rammaricarmi del fatto non solo di non venirlo a spulciare più spesso ma soprattutto che tu non scriva più spesso.

Hai una capacità poco diffusa: quella di fare vedere il mondo da nuove prospettive.

In questo post mi hai regalato suggestioni che non mi lasceranno in pace per molto tempo: sarà che, come te, ho maturato nel tempo un certo interesse per il periodo e per i personaggi della resistenza, sarà che hai parlato di luoghi a me vicini e cari. Sarà che hai lasciato trasparire una parte di te autentica e molto, molto interessante.

Un abbraccio
Grazia

Tamara ha detto...

Cara Grazia, il tuo messaggio è un balsamo che mi rianima in questi giorni in cui mi sento un po' stanca e stressata. Mi rammarico anch'io di non riuscire a scrivere di più sul blog e penso a tutti i post che ho in mente e che sto trascurando. Ti ringrazio davvero per i complimenti che mi fai. In questo momento ne ho bisogno. Sono felice di aver scritto qualcosa che ti ha lasciato delle tracce. Il periodo della Resistenza è un leit motif nella mia mente. Sarà l'influenza paterna, ma in ogni caso torno a pensarci spesso. Di certo ne tornerò a parlare in futuro. Ti abbraccio forte e ti ringrazio ancora.